Il presupposto è l’olografia, una tecnica fotografica che sfrutta la luce emessa da un laser per ricreare immagini tridimensionali. La particolarità è che ogni parte dell’ologramma prodotto, anche se se separato dagli altri, può rigenerare l’intera immagine.
Bohm utilizzò questo approccio per offire una nuova immagine dell’universo, l’universo olografico, appunto, in cui ogni parte richiama il tutto. Questo approccio fu confermato nel 1982 dall’esperimento di Alain Aspect, che mostrò come due particelle distanti potessero interagire in maniera istantanea.
Suggestivamente, questa circostanza ricorda in maniera impressionante la teoria delle monadi del filosofo del Settecento Leibniz, in paticolare il concetto di armonia prestabilita.
Pribram sviluppò questa stessa idea nell’ambito della neuropsicologia, sostenendo che nel cervello l’informazione non è “localizzata” in un punto del cervello, ma distribuita nell’intero sistema. Ancora oggi le neuroscienze non hanno una visione chiara di “dove” siano collocate le tracce mnestiche, tanto che è stato proposto il concetto di engramma per cercare di collocare dal punto di vista neurobiologico la presenza dei ricordi; tuttavia sembra che lo stesso engramma rappresenti non un punto specifico del sistema, ma piuttosto un’informazione diffusa.
In un lavoro del 2015 (DOI: 10.1002/hbm.22842), Andrew James Bauer e Marcel Adam Just, neuroscienziati dell’Università di Pittsburgh, affermano:
La ricerca ad oggi ha rivelato che i concetti di oggetti (come quello di martello) sono neuralmente rappresentati in molteplici regioni del cervello, corrispondenti ai vari sistemi cerebrali coinvolti nelle interazioni fisiche e mentali con il concetto. Il concetto di martello integra che aspetto abbia, per cosa si utilizza, come si impugna, etc., risultando quindi in una rappresentazione neurale distribuita su aree sensorie, motorie e associative.
Questa visione di Pribram, per cui l’informazione nel cervello è diffusa nell’intero sistema, secondo il modello dell’ologramma, spiegherebbe la straordinaria capacità di recupero funzionale del cervello dopo cerebrolesioni gravi (la neuroplasticità) e, anche in soggetti sani, l’enorme potenziale di automiglioramento del cervello stesso.
Per altro, questa visione risulta coerente con il concetto di connettoma, studiato in Italia ad esempio dalla neuroscienziata Daniela Lucangeli, che rappresenta la nuova frontiera nello studio del cervello umano (lo Human Connectome Project è stato lanciato nel 2009), perché si concentra non più su una visione topografica del cervello (ogni funzione o informazione ha una ”sede” specifica nel cervello, da cui le tecniche più tradizionali di neuroimaging), ma vede il cervello come un “sistema” in cui le informazioni sono diffuse in una fitta rete di connessioni, rappresentate dalla sostanza bianca (assoni e dendriti), che si modifica nel tempo, che non è geneticamente determinata, che si plasma con l’esperienza secondo meccanismi epigenetici.
Oggi sappiamo che l’ambiente e l'esperienza sono fondamentali per plasmare questa fitta rete di connessioni in cui risiede il nostro patrimonio di esperienza, di intelligenza, di potenzialità.
Neuroptimal® agisce proprio a questo livello di plasticità cerebrale, potenziando ciò che già normalmente ambiente ed esperienze ricchi di stimoli possono produrre in termini di sviluppo delle potenzialità del cervello.